“S” come “Sostenibilità”

Nel vocabolario della moda, la prima parola che dovrebbe apparire alla lettera “S” è Sostenibilità.

Usiamo il condizionale perché la sostenibilità sembra essere davvero quanto di più lontano esista dallo scintillante sistema del fashion, ma non dovrebbe essere affatto così.

Trovate anche voi?

La comunicazione della sostenibilità nel mondo della moda è sempre stata elaborata male, come se fosse un aspetto di secondaria importanza.

Spesso è sembrata un’abile strategia di pubbliche relazioni adottata dagli uffici stampa dei brand per avere qualche articolo in più su qualche rivista.

Tuttavia, la sostenibilità è molto più di questo, è un universo di rilevante importanza per ognuno di noi, va solo scoperto e conosciuto.

Ma partiamo dalle basi.

Che significa sostenibilità?

Il termine indica l’impatto dell’uomo sulla terra, ovvero quante risorse della Terra gli esseri umani consumano per la loro sopravvivenza.

Sostenibilità non vuol dire, quindi, solo riciclare i rifiuti, significa contribuire a rendere la Terra un posto dove vivere bene oggi senza compromettere il mondo futuro.

Per questo sono necessarie azioni concrete a livello economico, sociale, politico e culturale per contribuire a rendere il mondo a misura di tutte le specie e di tutti gli esseri viventi.

Nella realizzazione di questo obiettivo, l’industria del fashion è chiamata a svolgere il suo ruolo con determinazione ed efficacia, visto che le aziende di moda sono responsabili per il 20% dello spreco d’acqua e per l’8% dell’emissione dei gas serra.

Ma quali strategie possono essere adottate per rendere la moda un settore modello per lo sviluppo sostenibile?

Bisogna dire che al momento c’è ancora poca consapevolezza da parte dei consumatori sull’importanza della sostenibilità.

“Sentiment” is the king

Secondo il sondaggio condotto da Vogue Business, il livello di sostenibilità è influenzato dal livello di gradimento che il brand esercita agli occhi del consumatore.

Quando è stato chiesto ai consumatori di esprimere un’opinione sulle azioni che a loro avviso rendono un brand più o meno sostenibile nei confronti dell’ambiente, non c’è stato nessun giudizio di apprezzamento particolarmente positivo rispetto alle policy adottate dai brand.

Ciò che è emerso, invece, è che la correlazione tra brand ed impegno verso la sostenibilità è direttamente proporzionale al sentiment dei clienti: più’ questo era alto (e positivo) nei confronti di un determinato brand e più i consumatori dicevano di riconoscere l’impegno dei brand nell’adottare un approccio sostenibile.

Tra i brand considerati virtuosi sul tema, emergono Vuitton, Chanel ed Hermes.

Il potere della marca abbaglia quindi il consumatore, al punto da fargli riconoscere strategie di notevole efficacia in quelli che sono solo timidi approcci dei brand sulla sostenibilità.

Ai consumatori, quindi, interessa poco quanto un’azienda si dedichi a progetti di sviluppo sostenibile, non è ancora un elemento che orienta la propensione all’acquisto.

Nonostante lo scarso interesse dei clienti, numerosi brand stanno adottando degli indicatori (i famosi KPI) per essere reputati sostenibili sia a livello ambientale, con l’emissione zero di carbone e la trasparenza nella catena produttiva, sia a livello sociale, promuovendo l’uguaglianza di genere nei posti di lavoro.

Si tratta sicuramente di iniziative nobili e dal grande valore, ma che non incontrano l’interesse dei consumatori, scarsamente consapevoli dell’importanza del tema.

Da queste indicazioni emerge che i brand prima di agire concretamente per rendere le loro aziende sostenibili, dovrebbero promuovere campagne informative per sensibilizzare gli acquirenti.

La sostenibilità è infatti legata a un immaginario troppo buonista ed edulcorato, legato a nicchie che hanno sempre appoggiato le cause ambientaliste e mai quelle dei trend di stagione.

Per essere provocatori, la sostenibilità è vista legata a gruppi di interesse “perdenti” che hanno poco a che fare con l’eleganza della moda.

La sostenibilità non è ancora legata a brand che realizzano capi must-have, magari sponsorizzati da influencer con migliaia di visualizzazioni, per questo, nell’immaginario collettivo del fashionista medio, è legata a t-shirt di cotone organico dai colori spenti, da indossare solo come magliette della salute.

Serve quindi un vero e proprio cambiamento culturale, legato all’acquisizione di competenze sulla sostenibilità e sulla creazione di abitudini d’acquisto diverse.

La pandemia da Covid-19 ha portato a un vero e proprio rimescolamento dei valori, che ha indotto i consumatori a interessarsi maggiormente alle modalità di produzione dei beni acquistati. Tuttavia, resta da capire se si tratta solo di un fenomeno temporaneo o il principio di un vero shift culturale.

Le 3 soluzioni per rendere “cool” la sostenibilità

Per fare in modo che la sostenibilità diventi un tema sempre presente nell’agenda politica dei brand, è necessaria la focalizzazione su tre aspetti importanti:

  • rendere la sostenibilità di tendenza;
  • valorizzare e diffondere il rispetto dei diritti umani su tutta la filiera;
  • tracciare i materiali e i tessuti utilizzati con l’utilizzo delle nuove tecnologie (una su tutte: la blockchain).

Materiali sicuri, economia circolare, energia rinnovabile, acqua pulita e lavoro equo, sono i punti cardine che hanno portato alla realizzazione ad Amsterdam del primo museo per la moda sostenibile, focus tematici che possono essere presi come spunti dai brand per la realizzazione di progetti fashion sustainability.

Planet Organic

Una suggestione per rendere la sostenibilità cool, è quella che viene dal settore del food, dove i prodotti biologici e organici sono diventati dei veri e propri must-eat, come testimoniano i dati prodotti dall’ISMEA nel 2019, in cui si evidenzia negli ultimi dieci anni un aumento di acquisto di cibo biologico del 217% nei supermercati.

Per rendere la moda sostenibile un fenomeno permanente, è necessario che i brand realizzino azioni comunicative efficaci, usando influencer famosi e lavorando sulla costruzione di narrazioni emozionali che possano spingere le persone a una maggiore consapevolezza sull’importanza dello sviluppo sostenibile.

Solo promuovendo il messaggio “sustainability is cool”, i brand possono fare “massa critica”, cioè possono spostare la sostenibilità dall’ambito ambientale in cui spesso è relegata, rendendola un tema di interesse universale.

Finanza VS Sostenibilità

Perché allora le aziende non investono in maniera adeguata su queste pratiche comunicative?
La risposta è in una questione antica come il mondo: gli alti costi di realizzazione che spesso contrastano con gli interessi finanziari delle aziende.

“There’s ethics and then there’s financial reality. If you compromise your financial reality to a point, ethics don’t matter because you’re not going to be around” come ha dichiarato Stacey Widlitz, founder of SW Retail Advisors.

Nonostante lo scarso interesse del mondo finanziario per la sostenibilità, molte aziende stanno innovando i loro processi produttivi proprio nel nome dello sviluppo sostenibile, è il caso della joint-venture tra Google e WWF Svezia.

Grazie alla collaborazione con il WWF, la società di Brin e Page ha sviluppato degli algoritmi di machine learning in grado di riconoscere l’impatto ambientale di un prodotto e del suo ciclo di vita, aiutando i brand nell’acquisire informazioni chiave per prendere decisioni sulle materie grezze da acquistare e sui fornitori da considerare.

Come dichiarato da Maria McClay, capo del dipartimento del luxury fashion di Google, dati come l’ammontare dell’inquinamento dell’aria in un territorio oppure l’ammontare dei rifiuti creati da un processo produttivo, possono aiutare i brand a prendere decisioni sostenibili.

Se la finanza continua fortemente a condizionare la moda con il suo potere, esistono isole felici che lavorano sul cambiamento del mindset dei consumatori, come Wrad Company.

Nato come movimento e pagina Instagram per stimolare la risposta di un pubblico già attento alle tematiche relative alla sostenibilità ambientale, nel 2017 Wrad è diventato un brand, o meglio una “call to action”, come si legge dalla pagina “what’s ward”, dalle prestigiose collaborazioni (su tutte quella con Marina Spadafora e Yoox) che realizza capi con polvere di grafite riciclata.

L’incredibile arte dello “human centered design”

Un altro contributo importante sulla moda sostenibile, è dato dall’human centered design, un approccio teso a creare modelli di business che mettano al centro l’interazione dell’uomo con l’ambiente circostante.

A questo proposito, risulta di grande interesse l’utilizzo di dati biometrici (come battito cardiaco, respiro, pressione) per la creazione di database in cui le persone vengono suddivise sulla base dei valori ottenuti.

La creazione di cluster (categorie) di dati sulla base dei parametri delle persone, permette l’individuazione di categorie che permettono ai brand di realizzare capi con fibre in grado di apportare maggiori benefici alla salute di chi li acquista.

Dati biometrici

Moda Eco & Logica

Anche se la moda ecologica è quindi ancora all’inizio del suo cammino per affermarsi sul mercato, non mancano già stilisti in grado di trasformarla in fenomeno di tendenz.

Tra questi:

Keving Germanier con il suo erotismo sostenibile

Matthew NeedhamJoshua James Small con la loro raffinatezza concettuale

Infografica per Matthew Needham
                                                  Fonte: sito web Matthew Needham 

Roberts Wood e la sua romantica leggerezza

Alice Potts e la sua pazzesca sweat crystallization (un processo che permette di cristallizzare il sudore in bio cristalli) 

Il rispetto del mondo e della natura sono alla base del contest Vogue Yoox Challenge – The Future of Responsible Fashion, lanciato da Vogue e Yoox per scoprire i nuovi talenti della moda sostenibile.

E i brand mainstream che fanno?

Apripista dell’interesse verso la moda ecologica è GUCCI, con il lancio del progetto Gucci Equilibrium, in particolare con la collezione Gucci Off The Grid, la prima collezione green del brand, un lancio pilota che potrebbe estendersi su altri prodotti della marca.

La leggerezza è sostenibile

Nonostante la freddezza di un pubblico ancora attratto dai bagliori di prodotti di brand prestigiosi ma altamente insostenibili, la moda sta incominciando un cambiamento che la porterà a diventare meno frivola e più politica.

La sempre maggior diffusione della responsabilità sociale d’impresa rende necessario per i brand schierarsi.

La moda deve scegliere una parte di mondo, con la consapevolezza che l’unica davvero glamour è quella sostenibile.

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